Per prima cosa devo raccontare dell’ingorgo impressionante che c’era a Roma ieri sera verso le 19. Io tornavo al negozio dopo le incombenze a casa e ho creduto di dover rimanere a dormire in macchina.  Sono arrivata abbastanza provata, in ritardo. Il tavolone sotto era stracolmo ed erano ancora tutti seduti a cerchio, anche stavolta in 19 che continuano a sembrarmi tantissimi (3 persone mancavano ma ne sono arrivate 3 di nuove).  Siamo anche un po’ internescional: abbiamo una ragazza di Istanbul, e una ragazza spagnola.

Prima che arrivassi avevano fatto un esercizio, proposto nel secondo capitolo: su un foglio di carta si disegna un cerchio, si divide a metà e poi si fanno 3 fette in ogni metà (il cerchio dev’essere diviso in 6).  Le 6 fette rappresentano: amore, lavoro, spirituralità, amici, esercizio fisico, gioco. Poi all’interno di ogni fetta bisogna fare un puntino che rappresenta quanto ci sentiamo realizzati in quell’area, più verso l’esterno quanto più la valutazione è positiva.

Alla fine si uniscono insieme i puntini e si ottieni una forma.

E a questo punto?

Non lo so perché quando lo dicevano credo di essere stata fra la Colombo e Marconi. Vi lascio con la suspence.

Appena sono entrata stavano parlando della difficoltà che qualcuno ha quando l’autrice parla di Creatore, di Dio: per alcune persone diventa un blocco e una resistenza. Devo dire però che il libro è molto sensibile a usare termini diversi, e a lasciare spazio a qualsiasi modo di intendere l’energia dell’universo. Però mi ha fatto piacere arrivare nel bel mezzo di una discussione che avrei cominciato io se ci fossi stata: se non ci sono qualcuno si esprime anche per me. Bello no?

Poi ci siamo divisi in 4 gruppi e come la volta scorsa la discussione è diventata più profonda perché in 4/5 persone c’è modo perché tutte possano manifestare la loro visione delle cose. Abbiamo parlato ognuna del proprio cerchio, e per forza del nostro passato e del nostro presente, e poi immancabilmente di un pezzo del capitolo che ha colpito tutte.

E’ il pezzo dove l’autrice racconta di questa nonna che le aveva scritto fino alla morte delle lettere in cui le raccontava tutto quello che vedeva succedere attorno a lei, il cambiare delle piante, qualche movimento degli insetti, l’aprirsi di un fiore. MI dispiace molto di non sapervelo riportare per bene, è un pezzo bellissimo che vi invito a leggere direttamente.

L’autrice lo usa per invitare a curare l’esercizio dell’attenzione e noi ci abbiamo visto molte cose diverse e tutte interessanti (una me la sono pure già dimenticata e aspetto mercoledì prossimo per chiederla alla ragazza che l’aveva espressa). Io ho pensato che dopo due capitoli e innumerevoli esercizi concentrati su noi stessi, i nostri blocchi, il nostro passato, la nostra creatività più o meno sviluppata fosse il momento giusto per ricordare che comunque questo “noi stessi” è un pezzetto di vita dell’universo, che scorre e fiorisce e sfiorisce a prescindere, che fluisce fuori e può fluire anche da dentro di noi quando controlliamo la mente come produttrice di pensieri e coltiviamo la mente come ascolto e attenzione.

Non so quanto vada bene propinarvi la mia interpretazione di questo libro. L’intenzione sarebbe di invogliarvi a leggerlo e farvi le vostre esperienze e riflessioni. Soprattutto la storia di questa nonna merita.

A me è pure venuta voglia di invecchiare in fretta per scrivere lettere tipo le sue.

Buona lettura!