Cari amici che capitate qui per la prima volta: questo post appartiene a una serie cominciata con una prima puntata che trovate qui.

Naturalmente non siete obbligati a procedere con ordine, vi dico solo che questa storia è ripresa da una lunga ricerca fatta dal sito scrapbook.com dove potete leggerla intera e in originale, qui.

Se preferite leggere in italiano informazioni più sintetiche siete nel posto giusto. Oggi parliamo di ‘800 e ‘900 e scopriamo altre cose dei nostri antenati paperlovers.

Qui ci vorrebbe una sigla, devo pensarci.

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Mancava solo un pezzettino allo scrapbooking antico per arrivare alla forma con cui lo conosciamo oggi: la fotografia.

Joseph Niépce fece la prima foto nel 1827, ma le prime erano rudimentali e le immagini lanuginose e indistinte, il processo molto laborioso, e c’era bisogno di 8 ore di esposizione alla luce.

Solamente 10 anni dopo però Louis Daguerre sviluppò un nuovo metodo che produceva in minuti, e non ore, foto molto più limpide.

Entro la fine del decennio 1850 si diffuse in America e in Europa una forma di fotografia chiamata carte de visite (biglietto da visita), che divenne poi molto popolare durante la Guerra civile. Queste fotografie-biglietto erano stampate in fogli da 8 fotografie e erano comune scambiarle con amici e familiari, o comprare stampe che ritraevano celebrità.

Questa abitudine portò dritto dritto al desiderio di conservare le foto collezionandole in album: i primi veri e proprio scrapbook.

Le famiglie cominciarono a tenere album pieni di foto dei parenti. A causa del prolungato tempo di otturazione i soggetti dovevano stare immobili a lungo, per tutta la durata dell’esposizione e per questo tutte le primissime fotografie riprendendono persone senza alcuna espressione o emozione.

Il primo utilizzo registrato del nome “scrap book,” in riferimento a un libro con pagine bianche su cui incollare elementi è datato 1821. Il primo uso di “scrapbook” come un verbo nel 1879.

Verso la fine del ‘800 visto il crescente interesse si cominciarono a rivendere album bianchi insieme a colle adesive.  Mark Twain nel 1872 brevettò uno scrapbook con pagine auto-adesive: chi lo utilizzava doveva solamente umidificare la parte adesiva e subito poteva posizionare  ritagli, disegni, e qualsiasi cosa potesse aderire.

Lo scrapbook di Twain ebbe un enorme successo: vari report dicono che Twain guadagnò 100,000 dollari dalle vendite: una fortuna per quei giorni, e ancor più significativo diventa il fatto se si pensa che il ricavo di tutti i suoi libri e attività come scrittore insieme fu di 200,000 dollari.

La fotografia comunque fino a questo momento era un’attività costosa, che richiedeva molto tempo. che veniva prodotta professionalmente e il più delle volte al chiuso di qualche studio.

All’inizio del 1900 l’invenzione della Brownie rese la fotografia finalmente accessibile ad ogni famiglia media: la portò fuori dagli studi e dentro le case. Da quel momento in poi al posto di  pochissime foto prese in occasioni speciali la gente cominciò ad avere foto scattate regolarmente.

Questo non vuol dire solo maggiore frequenza degli scatti, ma anche un drastico cambiamento nel tipo di foto che le persone cominciarono a fare: le brownie potevano essere portate in vacanze, al campo di calcio o perfino dai soldati in guerra.

La fotografia cominciò a riflettere la vita quotidiana. Era nato lo snapshot!

In contrasto con gli album precedenti dunque, fatti di ritratti, le nuove fotografie erano molto più casuali.  Qualcuno cominciò a combinare questo tipo di fotografie quotidiane decorandole con ritagli di importanti memorabilia, lettere e immagini,  anche se per l’epoca questa pratica rimase piuttosto rara.

Dagli anni ’20 ai ’70 lo scrapbooking lentamente subì un’evoluzione. Le foto di famiglia venivano attaccate negli album con colla o angolini adesivi, e completate con scritte che ne spiegavano data e contesto. Gli album dell’epoca erano di solito libri rilegati con pagine vuote bianche, color crema o nere.

Attorno agli anni ’60 le pellicole colorate cominciarono a fare la loro comparsa nel mondo delle machine fotografiche comuni. Entro una decina d’anni il colore divenne la regola, e non più l’eccezione, fra le fotografie.

Negli anni ’70 comparve anche un’altra importante tecnologia: gli album magnetici. Nonostante il nome, non contenevano magneti né alcuna proprietà magnetica. Erano album composti di pagine di cartoncino adesivo con sopra un foglio di plastica leggera che doveva essere sollevato per inserire le foto e i ricordi sulla pagina, per poi essere riappoggiata sopra.

Questi album divennero molto popolari: erano un modo conveniente e veloce per conservare i ricordi senza perdere tempo e sporcarsi con colle e angolini adesivi.

Con l’andare del tempo però ci si accorse che i materiali di cui erano fatti gli album distruggevano le foto: la parte in cartone rilasciava perossidi che facevano ingallire carta e fotografie, l’adesivo era acido e distruggeva permanentemente tutti gli elementi di carta, e anche il foglio di plastica superiore era acido.

Purtroppo questi album magnetici si rivelarono una trappola mortale per documenti storici e foto degli anni 70. Possiamo dire che molta dell’ossessione successiva per materali photo-safe nasce come reazione alla distruzione di foto e documenti che sono andati persi a causa degli album magnetici.

 

Cosa succederà dopo?  Vi aspetto per la prossima puntata!